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Subedar, 36th (Sikh) Bengal Infantry, N.W.F. 1897/98

Nota storica generale:

India: il gioiello della corona, l’Inghilterra nella seconda metà dell’800, orientò gran parte della sua politica Imperiale sulla conservazione e difesa del vastissimo territorio della sua più preziosa colonia, senza la quale il significato stesso di colonialismo sarebbe venuto meno. Dopo la seconda Guerra Sikh (1849) i confini dell’India Britannica si estesero a comprendere l’intera regione del Punjab, delineando così dei vaghi confini a Nord Ovest con il territorio Afgano. Nello stesso periodo la Russia andava consolidando una sua area di influenza in Asia Centrale dove lo stesso Afghanistan si configurava con partner in funzione anti inglese. Da qui lo scontro, mai diretto con l’esercito Russo, che comunque portò a tre Guerre Afgane in un arco temporale di circa 80 anni. In questo periodo dunque, il confine di Nord Ovest fu via via sempre più presidiato e fortificato dalle truppe britanniche, su una linea di circa 600/700 km di territorio impervio ed inospitale abitato da tribù ostili labilmente legate al governo centrale Afgano ma orgogliose e gelose della propria indipendenza. Tali tribù sono riportate sotto il nome generico di Pathans, e gli inglesi entrarono in contatto con alcune tra le più feroci e bellicose come gli Afridis, Orakzais, Waziris e Mohmands. Come Churchill sottolineò, gli inglesi ebbero a che fare con il nemico più ostile, tenace e feroce di sempre, e scrisse “queste tribù racchiudono in loro la ferocia degli Zulu, l’avanzata arte manifatturiera dei Pellerossa e l’abilità al tiro dei Boeri.” Sulla carta i Pathans potevano mettere in campo fino a 240.000 guerrieri ben armati, la metà di loro con fucile, e la metà di questi con fucili moderni razziati o abili repliche. Fortunatamente per gli inglesi non furono mai in grado di coalizzarsi a tal punto da creare una forza d’urto considerevole se non durante la Grande Sollevazione del 1897 di cui riportiamo qui di seguito in merito al figurino da noi rappresentato. Nonostante gli inglesi, con le loro esperte truppe coloniali indiane, riuscirono più volte e sconfiggere queste tribù non riuscirono però mai a sottometterle completamente fino all’indipendenza dell’India del 1947.

Soggetto rappresentato:

il 36th Sikh fu reclutato nel 1887 e fu tra i vari reggimenti indiani che servirono lungo la Frontiera del Nord Ovest, scelti appositamente dagli inglesi per fronteggiare le tribù Pathans in virtù della loro caratteristica bellicosità, della conoscenza del territorio e non da ultimo per essere nemici storici delle menzionate tribù Afgane. Il nostro soggetto è un Subedar ovvero un comandante di compagnia di fanteria indiana, inserito in un sistema di comando che vedeva ufficiali inglesi al comando di una coppia di compagnie, riconoscendo dunque una notevole autorità ed autonomia a truppe indigene, difficilmente riscontrabile in altre forze coloniali. Il 36th Sikh fu inquadrato tra i reggimenti della presidenza del Bengala, le altre presidenze, poi comandi,erano Madras,  Bombay e la PFF (Punjab Frontier Force), una serie di reggimenti di fanteria e cavalleria che operavano fianco a fianco con le truppe del Bengala nella difesa delle frontiere del Punjab (NWF). Proprio in questo contesto di difesa delle frontiere tra India ed Afghanistan, durante la grande sollevazione delle tribù Pathans dell’agosto/settembre 1897, può essere inserito il nostro Subedar. Infatti, alcune migliaia di guerrieri Orakzais e Afridis attaccarono un sistema di piccoli forti, sulle strategiche alture di Samana, tenuti da un battaglione del 36th Sikh. Tra questi, Fort Gulistan e la stazione eliografica di Saragarhi sono passati alla storia, il primo per una strenua difesa di circa 170 uomini del reggimento che tennero a bada, anche con coraggiosissime sortite, le orde combinate delle tribù Pathans per oltre 48 ore, fino all’arrivo delle colonne di rinforzo del Generale Yeatman-Biggs; il secondo per il sacrificio estremo dell’intera guarnigione di 21 uomini, che lottarono fino all’ultimo uomo per la difesa della stazione, episodio questo, che ancor oggi viene studiato sui banchi di scuola Britannici come estremo atto di coraggio e devozione. Una volta ristabilito l’ordine nella frontiera, nell’ottobre successivo, gli inglesi organizzarono una grande spedizione di 44.000 uomini e 60.000 tra animali da trasporto e carri al comando del Generale Lockhart,  per punire la non provocata aggressione dei mesi precedenti. L’obiettivo fu  l’invasione delle regione di Tirah, una zona fino a quel momento ignorata dagli inglesi in quanto zona preferita dai Pathans per vivere durante la stagione estiva. Diversi e sanguinosi scontri seguirono per tutto l’inverno fino alla sottomissione delle tribù  nel successivo giugno 1898. Il 36h Sikh partecipò a molte azione durante tutta la “Tirah Expedition” distinguendosi per esperienza e valore in battaglia.


Uniforme:

l’uniforme del figurino è quella indossata durante la ”Tirah Expedition” tra l’ottobre 1897 e la primavera del 1898. Elemento caratterizzante è il Poshteen, una sorta di cappotto “etnico” usato anche da tutte le tribù Pathans della Frontiera del Nord Ovest, di pelle di pecora rovesciata. Può essere rappresentato in diverse tonalità di marrone.
L’uniforme regolamentare è composta da una giacca (frock) preferita alla tradizionale kurta, e pantaloni con fasce mollettiere, il tutto in diverse tonalità di khaki. Sam Browne (cinturone) in pelle marrone con bretelle che sorreggono il fodero della pistola e della spada. Fibbia e gancetti in metallo dorato. Scarponcini in cuoio marrone.
Il turbante nella foggia Sikh è in stoffa color khaki con stemma reggimentale in metallo bianco e “Quoit” o “Chakra” di metallo affilato. Questo particolare cerchio di metallo era un’arma tradizionale Sikh con importanti significati mistici e religiosi portato da tutti i ranghi del 36th Sihks anche in battaglia.                                                


Officer, 8th Royal Irish Hussars, Crimea 1854/55


Nota storica generale:
Dopo circa un quarantennio di relativa pace scaturita dalla Restaurazione decretata dal Congresso di Vienna, la Guerra di Crimea (1854-56) fu il primo evento bellico su scala Europea del periodo post-napoleonico. Contrariamente a quanto accaduto nei secoli precedenti, la Francia di Napoleone III e la Gran Bretagna si allearono per muovere guerra all’Impero Russo in difesa della “Sublime Porta”.
La disputa nacque tra Francia e Russia per la difesa dei luoghi santi della Cristianità sul territorio dell’Impero Ottomano, in verità, scopo dell’alleanza franco-inglese era operare un  contenimento della Russia nelle sue mire espansionistiche per uno sbocco nel Mediterraneo, e più in generale per la pretesa influenza su tutta l’area balcanica, ancora inclusa nei territori di un Impero Ottomano in via di decadenza già dal secolo precedente.
Dopo le prime fasi della campagna militare, svoltasi in territorio Bulgaro (assedio di Silistria), e a seguito del ritiro delle truppe Russe, gli alleati decisero di proseguire la campagna attaccando la penisola di Crimea, dove sbarcarono nel settembre 1854 a Calamita Bay, poche decine di chilometri a nord dell’obiettivo fissato di Sebastopoli, principale base navale Russa del Mar Nero.
La campagna militare si svolse con un progressivo avvicinamento delle truppe alleate a Sebastopoli, passando per alcune memorabili battaglie come l’Alma (20 Settembre), Balaklava (25 Ottobre) e Inkerman (5 Novembre), tutte relative vittorie alleate che portarono all’assedio della città. L’assedio si protrasse per circa un anno fino alla caduta finale e all’abbandono delle truppe russe della città nel Settembre 1855 non prima però di un sanguinoso assalto alleato che costò loro circa 10.000 perdite e 13.000 in campo Russo.
Ricordiamo che a partire dall’inizio del 1855 fu presente sul teatro di guerra anche un contingente Piemontese di circa 18.000 uomini al comando del generale La Marmora, che si distinse in particolar modo alla battaglia della Cernaia causata da una sortita russa intesa a rompere l’assedio.
Un’ultima doverosa nota va fatta sulla “modernità” di questa guerra, non tanto in termini di armamenti, quanto per il fatto che  è riconosciuta come il primo evento storico/bellico ad esser documentato fotograficamente e giornalisticamente, con la presenza di “reporter di guerra” che tramite i loro articoli, soprattutto in Inghilterra, fecero arrivare le notizie in patria prima dei resoconti ufficiali, e influenzarono fortemente l’opinione pubblica sui temi della guerra in corso.

Soggetto rappresentato:

l’8th Royal Irish Hussars imbarcò a Plymouth all’inizio del marzo 1854 su 5 diversi vascelli contando circa 300 effettivi.
Prese parte alla battaglia dell’Alma distinguendosi, e dopo un mese alla celeberrima carica della “Light Brigade” (Balaklava) immortalata da poemi (Tennyson), ed in epoca contemporanea da film e documentari.
La famosa carica dei 600 (673 in verità), dove fu schierato nella seconda linea accanto al 4th Light Dragoons.
Numerose le perdite, come ci si poteva aspettare da una carica di cavalleria mal gestita nella linea di trasmissione dei comandi ed operata con un attacco diretto frontale verso batterie di artiglieria Russa.
Partecipò poi ad altre piccole operazioni, ed ovviamente a compiti tipici della cavalleria leggera in campagna (esplorazione, ricerca vettovaglie, scorta ecc.).
Abbiamo voluto rappresentare il nostro soggetto, un ufficiale, non tanto nell’atto eroico della mitica carica, piuttosto in una situazione di “camp-life” così ben documentata da alcuni fotografi al seguito dell’armata alleata nell’inverno 1854/55.  Siamo rimasti affascinati dalle foto di Roger Fenton e abbiamo individuato il nostro soggetto tra queste.



Uniforme:
l’uniforme del figurino si compone di un berretto (forage cap) di colore blu scuro con decori e fascia in oro.
Uniforme regolamentare dell’8th Hussars di colore blu scuro con alamari, decori al colletto e bande laterali dei pantaloni in oro. Giaccone invernale (a volte di manifattura locale) grigio o marrone foderato di pelliccia.
Sciabola modello 1822 con tasca e cinghie di pelle nera. Scarpe di pelle nera.
Ricordiamo che l’esercito inglese partì per questa campagna del tutto sprovvisto di capi invernali, ed alcuni elementi dell’uniforme degli ussari come la “pelisse” andarono perdute nelle concitate operazioni di sbarco!                                                   

 




Le piratesse nella storia 
gabriele santambrogio
  
Il soggetto scolpito da Riccardo Cerilli è basato sulla sua immaginazione. Tuttavia le donne pirata meritano un posto nella storia e qui ve ne vogliamo raccontare una  piccola parte.


Delle due più famose, Anne Bonny e Mary Read, tutto lo scibile deriva in gran parte dalla General History of the Robberies and Murders of the most notorious Pyrates del Capitano Charles Jonshon (forse uno pseudonimo dell’indimenticato autore de L’isola del tesoro, Daniel Defoe)

Anne Cormac in Bonny nasce figlia illegittima di un noto avvocato*** e della sua cameriera. Con Mary ancora in fasce la famiglia si trasferisce a Charleston, nel "Nuovo Mondo", ove il padre acquista delle piantagioni che fruttano bene.
La prima descrizione di Anne parla di  un "ragazzaccio" tredicenne che frequenta il porto, le sue taverne ed i pirati: i vivaci capelli rossi sono tagliati corti, il viso è perennemente segnato dallo sporco della città e porta vestiti malridotti. Il suo carattere ribelle e indomabile la porta a combattere con i ragazzini, anche più adulti,  ma niente mansioni femminili per la “gatta” o il “maschiacchio”, come era chiamata più familiarmente nei vicoli.
Leggenda vuole che a tredici anni la futura scorriera dei mari pugnalasse la propria cameriera per per futili motivi.

Poco dopo la ragazza si lega ad un uomo di nome James Bonn il cui aspetto piratesco pare si estrinsecasse unicamente nel voler mettere le mani sulla fortuna dei Cormic. Quando Anne sposò James Il padre la diseredò. Anne allora si trasferì con il marito a New Provvidence (oggi Nassau, capitale delle Bahamas). Nonostante il dominio inglese essa era un noto covo di pirati.
Pare che, poco dopo il loro arrivo sull’isola, James Bonny  diventò una spia al soldo della corona Inglese. Fu l’occasione per Anne di separarsi da un marito che aveva idee ben diverse dalle sue. Poco dopo conobbe il pirata detto Calico Jack che la convinse ad unirsi a lui. 



E questo fu l’inizio della vera e propria carriera da pirata. In pochi mesi Anne e Calico Jack riuscirono a catturare un buon numero di navi mercantili e ad ammassare un vero tesoro.



 E’ durante l’assalto ad un mercantile olandese che avviene l’incontro tra Anne Bonny e Mary Read. Mary si era imbarcata su quel mercantile come marinaio, con il nome di Mark Read. Quanto il vascello fu catturato Calico Jack -come era consuetudine in quei frangenti- offrì ai marinai la possibilità di giurare fedeltà a lui e alle regole della pirateria, cosa che Mary fece senza indugio.
Le due donne parteciparono attivamente a tutti gli attacchi, armate di pistole e di coltellacci e indossando sempre abiti maschili. Le loro identità erano note solo agli altri membri della ciurma. Si può pensare, dati i tempi, a qualche falala nella par condicio. Invece  il resto dei compagni le considera valide compagne non solo per l’abilità nell’uso delle armi ma anche per la tenacia nelle azioni di combattimento.
Poco tempo dopo la nave di Calico Jack, la Revenge, fu intercettata al largo della Giamaica mentre era in cerca di bottino. Uno sloop armato appositamente per dare la caccia ai pirati e guidato dal Capitano Jonathan Barnet cominciò a inseguire la Revenge che inferiore per stazza, velatura ed armamento, fu raggiunta dopo poche ore.
Nonostante la ferocia della difesa, anche da parte di Anne e Mary, alla fine i pirati si arresero. Il 16 novembre 1720 Calico Jack e gli altri pirati di sesso maschile furono processati e condannati all’impiccagione. Il successivo 28 novembre, si riunì il tribunale dell’Ammiragliato inglese in Giamaica per il processo alle due donne. I testimoni confermarono le accuse ad esse rivolte e la parte attiva da loro svolta negli atti di pirateria. La condanna a morte fu inevitabile. Solo allora Anne e Mary rivelarono alla Corte di essere incinte e, dopo una visita medica, ottennero la sospensione della pena.
Furono comunque custodite in prigione in attesa del parto. Tuttavia Anne non morì in prigione perchè il padre, grazie alla posizione che si era fatto come commerciate, pagò il riscatto della figlia e la riportò a Charles Town (South Carolina) dove il 21 dicembre 1721 diede alla luce il secondo figlio di Calico Jack (il primo era morto alla nascita).
Anne morì il 22 aprile 1782 nel South Carolina all’età di 82 anni e fu ricordata dalla comunità locale come una donna irreprensibile.


Mary Read


Non si sa molto di Mary Read. Secondo quanto riportato dalla General History of the Robberies and Murders of the most notorious Pyrates, la sua data di nascita si colloca presumibilmente tra il 1780 e il 1790.

La madre di Mary si sposò giovanissima con un marinaio, da cui ebbe un figlio maschio. Poco dopo la nascita del bambino l’uomo si imbarcò per un viaggio in mare da cui non fece ritorno. La donna si consolò presto con avventure extra coniugali. Da una di queste quali nacque Mary che non ebbe un infanzia felice: quando il fratello maggiore (figlio legittimo) morì, la madre non esitò a travestire la figlia da ragazzo per continuare a ricevere il sostegno finanziario elargito mensilmente dalla nonna paterna. L’inganno proseguì fino all’adolescenza della ragazza, quando l’avida madre ripudiò la figlia trattenendo per sé il vitalizio.
A 13 anni Mary, nascondendo sempre la sua vera identità, entrò come fattorino al servizio di alcune ricche signore dell’alta società.
Spinta da un carattere orgoglioso ed indipendente, Mary, cresciuta come un uomo, sfruttò il suo travestimento per  militare nella Campagna delle Fiandre, durante la Guerra di Successione Spagnola (1701-1714) prima in una compagnia di fanteria e poi in una di cavalleria, dove si distinse per il suo coraggio e si guadagnò la stima dei suoi superiori. In quel frangente si innamorò di un giovane militare di nome Fleming e, non potendo mantenere il suo segreto, gli rivelò di essere una donna. Fu un amore corrisposto, tanto che i due lasciarono l’esercito, si sposarono e aprirono una taverna. La vita felice e tranquilla di Mary cambiò improvvisamente e per sempre il giorno che il marito morì. Da allora gli affari andarono sempre peggio e Mary decise di  lasciare per sempre i posti in cui era stata felice con il suo uomo. Tornò così ad indossare i vecchi abiti maschili imbarcandosi su un vascello olandese in partenza per l’America.
Il vascello su cui Mary si era imbarcata fu attaccato dalla nave di Calico Jack e Mary, vista la possibilità di arricchirsi, non esitò a prestare giuramento al codice della pirateria. Cominciava così la sua vita da bucaniere. Anne e Mary divennero ben presto amiche, diventando famose come “le gatte dell’inferno”.

Le loro avventure terminarono nel 1720, quando la nave di Calico Jack venne intercettata in Giamaica da uno Sloot da guerra inglese agli ordini del Capitano Jonathan Barnet. I pirati vennero sconfitti e, nonostante la strenua difesa, anche Mary e Anne vennero fatte prigioniere.
Gli inglesi processarono i pirati, che vennero condannati a morte mediante impiccagione secondo la consuetudine; le uniche ad essere risparmiate furono proprio Anne e Mary, e non certo perché erano donne, ma perché avevano dichiarato di esser incinte, l’Ammiragliato decise di sospendere la sentenza in attesa che le due donne partorissero, tuttavia  Mary morì l'anno seguente,  l’8 aprile, in prigione senza aver dato alla luce alcun bambino.  












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